L’asse tra la ‘ndrangheta e la nostra Università non cede. L’operazione Campus, che segue di quasi 13 anni l’operazione Panta Rei, scattata nell’ottobre 2000, riporta a galla gli stessi intrecci, gli stessi inciuci della prima: esami universitari facili-facili o superamento dei test di accesso alle facoltà. L’hanno chiamata Operazione Campus l’indagine che ha visto lavorare insieme la Dia di Catania e quella di Messina, sfociata oggi in 7 ordinanze emesse dal gip Maria Vermiglio, richieste dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto procuratore Liliana Todaro. I sette indagati, a vario titolo, sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, al traffico illecito di influenze, al millantato credito, al voto di scambio e, per uno tra gli arrestati, anche l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso.
Secondo l’accusa, personaggio chiave dell’inchiesta è Domenico Antonio Montagnese, 50 anni, di Fabrizia, provincia di Vibo Valentia. Un calabrese che – secondo l’accusa- con la complicità di un noto docente messinese, il professore Marcello Caratozzolo, avrebbe manipolato alcuni esami alla facoltà di Economia. E’ Montagnese, per gli inquirenti, il collante tra la ‘ndragheta e l’ateneo messinese. Già indagato nella operazione Panta Rei, che 13 anni fa portò alla luce la lunga mano della cosca calabrese capeggiata da Giuseppe Morabito, detto “U tiradrittu”, sulla nostra Università, la nuova inchiesta lo vede attivo nella gestione di esami e test. Inquietanti i dialoghi intercettati, in cui Montagnese esprime i metodi sicuri per “passare test o esami di dottore commercialista. “ Se ti vuoi prendere gli esami senza fare un c…o e senza problemi, allora bisogna andare praticamente a minacciare. Non c’è niente da fare, è questo il sistema. Quello si caca di sotto. Bisogna andare a minacciare”. Questo uno dei dialoghi intercettati. E questo era il metodo intimidativo proposto da Montagnese. Poi c’era quello del condizionamento, per il quale era necessario l’aiuto interno.
Il secondo metodo era certamente più costoso e in qualche caso anche “tecnologicamente avanzato”. Gli studenti “raccomandati” per il superamento dei test a Medicina, entravano in aula corredati di microchip. Un auricolare all’orecchio, con la doppia funzione di ascolto e trasmissione, consentiva di comunicare con soggetti esterni, già in possesso del risposte ai test, che venivano trasmesse all’orecchio dello studente. Questa tecnologia- a detta degli investigatori della Dia- aveva un costo maggiore: da 30mila ai 50mila euro. Dovuto all’ampliamento del raggio di complicità che imponeva. Più ridotto, invece, il prezzo pagato per accedere a Medicina senza microchip: solo 5mila euro. Diventare, invece, dottore commercialista con il “metodo Montagnese” costava 9mila euro. Le facoltà su cui agiva il calabrese di Fabrizia erano Economia e Medicina.
Nel corso delle indagini, sono venuti alla luce anche un caso di usura ed uno di voto di scambio. L’operazione Campus ha portato in carcere: Domenico Antonio Montagnese, 50 anni; Salvatore D’Arrigo, 59 anni ( accusato di usura ai danni di una coppia di artigiani orafi). Arresti domiciliari per: Marcello Caratozzolo, 47 anni, docente della facoltà di Ecomomia, e Santo Galati Rando, 57 anni,ex consigliere provinciale. Quest’ultimo è accusato di aver promesso idoneità scolastiche in cambio di voti: era candidato alle politiche dello scorso ottobre. Non fu rieletto.
IL gip Todaro ha anche disposto l’obbligo di presentazione all’Autorità Giudiziaria per altre due persone, due liberi professionisti accusati di millantato credito per avere favorito una studentessa per il superamento dei test di medicina. Un ultimo indagato, infine, avrebbe promesso 12 voti a Galati Rando in cambio della promozione agli esami di quinto superiore. L’accusa è voto di scambio.
Altri ancora, tra studenti, docenti, componenti di commissione di esami sono sotto indagine. L’operazione Campus potrebbe essere soltanto la punta dell’Iceberg. Ci saranno altri risvolti.
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