La Direzione Investigativa Antimafia di Messina, nel contesto di due distinti provvedimenti emessi dalle competenti Autorità Giudiziarie, ha sottoposto a sequestro e confisca beni per 600.000 euro riconducibili a Orlando Galati Giordano e Antonino Carcione, ritenuti esponenti di spicco del clan dei “tortoriciani”, operante nella fascia tirrenica-nebroidea della provincia di Messina.
Nei confronti del primo, la Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di un’unità immobiliare a Tortorici e di un’edicola a Pisa: il tutto per un valore di circa 400.000 euro.
Tale provvedimento segue l’attività di verifica della situazione patrimoniale di Galati per il quale, il 9 Marzo 2010, è arrivata la sentenza definitiva di condanna a vent’anni di reclusione, emessa dalla Corte di Assise di Appello di Messina per i reati di associazione mafiosa, omicidi ed estorsioni, avvenute nella provincia peloritana tra il 1986 e il 1993.
Dalle indagini della D.I.A. sono emerse delle evidenti incongruenze tra i beni posseduti e i redditi dichiarati ai fini delle imposte sul reddito di Galati Giordano, elemento carismatico del gruppo mafioso dei “tortoriciani”, divenuto, verso la fine degli anni ’80, capo indiscusso dell’omonima frangia che si contrapponeva a quella dei Bontempo Scavo.
Lo stesso, già gravato da diversi precedenti penali per reati contro il patrimonio, sequestro di persona e altro, è stato arrestato il 30 Maggio 1987 per associazione a delinquere di tipo mafioso e favoreggiamento nei confronti dei responsabili dell’omicidio di Nicolò Bevacqua, avvenuto a Milazzo il 7 Maggio dello stesso anno.
Imputato nel procedimento penale “Mare Nostrum”, che ha riguardato i clan operanti nella fascia tirrenica della provincia di Messina sino ai primi anni ’90, Giordano Galati è stato collaboratore di giustizia dal 1992 al 27 Maggio 1997, data di revoca del programma di protezione.
Le indagini sulla consistenza patrimoniale dell’imputato sono state estese anche alla provincia di Pisa, dove da diversi anni l’uomo, proprietario di un’edicola acquisita con disponibilità finanziarie ritenute incoerenti con i redditi dichiarati, abitava insieme alla propria famiglia.
Il secondo provvedimento ha raggiunto Antonino Carcione, 37 anni, anch’egli personaggio di spicco del gruppo mafioso dei “tortoriciani”. Ad essergli confiscati sono stati 14 appezzamenti di terreno a Carlentini (Sr) — tutti in comproprietà con il fratello e la cognata — acquistati con esborso di denaro, anche in questo caso ritenuto sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati.
Queste operazioni seguono un Decreto di confisca emesso il 28 Giugno 2013 dal Tribunale di Messina-Sezione Misure di Prevenzione, che ha sottoposto a confisca quei beni che erano stati sequestrati nel luglio 2012 a Carcione con provvedimento che il Tribunale aveva emesso sulla base di proposta avanzata dal Direttore della Direzione Investigativa Antimafia. La misura di prevenzione ha riguardato anche diversi rapporti bancari e forme di investimento instaurati dallo stesso Carcione, per un valore complessivo di circa 200.000 euro.
Anche quest’ultimo ritenuto elemento del gruppo dei “tortoriciani”, tanto da essere stato coinvolto, con l’accusa di aver favorito la latitanza di alcuni esponenti delle consorterie mafiose, nel procedimento penale “Icaro”, che nel novembre 2003 ha portato all’arresto di 87 appartenenti all’associazione mafiosa operante nella zona tirrenico-nebroidea della provincia di Messina. Nel 2006, Carcione era stato condannato dal Gip del Tribunale di Siracusa a 1 anno e 4 mesi di reclusione e 1.200 euro di multa per tentata estorsione ai danni di un imprenditore agricolo.
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