La Vittoria di ogni giorno (l’impellenza)

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Da anni ormai, appena mi sveglio, per ragioni legate al mio incontenibile e costante desiderio di dimagrire, ho l’abitudine di tracannarmi un litro e mezzo di acqua oligominerale.
La pubblicità, che in alcune occasioni fa più danni alla salute di una “sana” sigaretta, ha inculcato nei consumatori, e in me in particolare, l’idea che l’acqua depurandomi e favorendo la diuresi sia la base per ogni dieta che si rispetti.

Mi sento messa alle strette, per cui confesso. Sono a dieta da anni, ogni giorno della mia vita, durante la fascia oraria che va dalle 6 di mattina sino alle 13. Poi sospendo per il pranzo, proseguo a mangiare fino alle 21.00 e riprendo il regime dietetico il giorno seguente.
Si chiama “dieta ad horas”, ne sto testando gli effetti e non appena avrò raccolto tutte le prove relative all’efficacia della stessa la potrò, a ragione, sponsorizzare sul mercato e diventerà famosa come la dieta zona.
Per il momento, questo regime alimentare, mi è servito a mettere su quei dieci chili di sovrappeso che mi danno un aspetto sano e simpatico.

Comunque, torniamo al punto, dopo aver bevuto un litro e mezzo di acqua appena sveglia, dovete sapere che fino a mezzogiorno sono condannata a vivere sopra il wc.
Ad ogni passo, la mia vescica si comprime ed ho un’autonomia non maggiore di dieci minuti, allo scadere dei quali cerco un bagno con la foga di un cercatore d’oro in Arizona.
Questo mi ha consentito di conoscere, con il tempo e l’esperienza, l’ubicazione, il livello di pulizia, la sicurezza, la dotazione o meno di carta igienica ed il funzionamento dello sciacquone di tutti i bagni dei luoghi pubblici che frequento solitamente.

Ieri, in attesa che mi chiamassero una causa al Tribunale centrale, per fare compagnia al mio amatissimo collega di studio, compagno di mille sventure e di mille magagne sono stata costretta a visitare un luogo impervio: il bagno dell’ufficio notifiche.
Il posto si presenta relativamente pulito, consta di un ambiente con lavandini e tre collocazioni water. Tuttavia, lo stesso, non è munito di carta igienica, né di specchio, né di sapone e soprattutto le posizioni non sono munite di passetti o chiavi.
Questa falla nel sistema di sicurezza, comporta l’impossibilità di fornire stelle nella “guida Victoire”, pubblicazione rivolta agli habitué dei water d’Italia stilata, modestamente, dalla sottoscritta.
Nonostante ciò, essendo trascorso il canonico quarto d’ora dall’ultima puntata al bar di strada, sono entrata ansimante nel succitato luogo in cerca di sfogo immediato.
Ho raccomandato al mio amico di stare di guardia e, continuando a trattenere la mia impellenza, ho iniziato con metodo a cercare il sito maggiormente adeguato al deposito.

Uno dei bagni era chiuso a chiave, sulla porta dell’altro capeggiava una scritta ingiallita “GUASTO” e, ovviamente, il terzo era il bagno dei disabili alto circa un metro e mezzo e cosa ben più grave, come già riferito, mancante di chiave e/o passetto.
Non avendo la possibilità di andare per il sottile, certa che il mio body guard stesse facendo il suo lavoro fuori dalla porta, mi sono addentrata all’interno dell’impervio territorio ed ho cominciato il rito ordinato di preparazione all’operazione finale.

La prima fase: ho posizionato la borsa al sicuro.
Se il bagno fosse stato munito di lavandino avrei potuto appoggiarla sul bordo dello stesso, invece, l’ho dovuta appendere alla maniglia, stando bene attenta che non pesasse sulla stessa favorendo l’apertura autonoma della porta al momento cruciale.

Seconda fase: ho preparato il tavolo operatorio.
Ho tirato fuori tutti i fazzolettini di cui sono in possesso e li ho adagiati a giro sulla tazza facendo attenzione che non vi cadessero dentro. Uhmmmm, ho chiuso la finestra, l’esperienza mi ha insegnato che il colpo di vento è in agguato e a volte è accaduto che proprio nella fase finale mi cogliesse di sorpresa facendo volare quella splendida e soffice architettura.
Non ho mai capito a cosa serve in realtà questa fase, visto che comunque a noi donne è fatto divieto tassativo di appoggiarsi sulla tazza in ogni caso, ma siccome si tratta di un rito tramandatomi da mia madre lo accetto come dogma e mi adeguo.

La terza fase è per me la più drammatica e consiste nel contrarre adduttori e quadricipiti in uno squat da eseguirsi in isometria per almeno sessanta secondi continuativi. Questa è infatti la posizione in cui deve stare la donna quando espelle i propri bisogni in un bagno che non ha lavato personalmente con candeggina e acido cloridrico.

Ora, al di là del fatto che effettivamente è una posizione scomoda e che bisogna essere allenate, la cosa più tragica, per la sottoscritta, è mantenere tale atteggiamento corporeo senza sfiorare i bordi della tazza quando la tazza è alta quanto lei.
I bagni per i disabili, infatti, risultano infrequentabili per le persone sotto i 194 cm. Per quest’ultimi, piegarsi senza rischio di contrarre il papilloma virus è un gioco da ragazzi ma per me è un’acrobazia da circo Orfei.

Detto questo, mi sono lasciata andare con un senso di profondo compiacimento.
L’operazione ha richiesto più tempo del necessario. A causa del rispetto di ogni fase del rito, infatti, ho contratto esageratamente la vescica che una volta rilassatasi non accennava a smettere di compiere il proprio incarico.
Trascorsi buoni quaranta secondi ho iniziato a malcelare il terrore che qualcuno aprisse la porta. Il sudore ha iniziato a creare bollicine sopra i baffi e l’ansia ha iniziato ad impossessarsi dei miei pensieri.
Gli occhi roteavano in cerca di un’idea geniale che bloccasse la porta, troppo lontana da raggiungere con le mani pur tendendo le braccia allo spasimo.
Le orecchie tese a percepire rumori di passi, i muscoli delle cosce in fiamme, e nella testa è balenata un’intuizione: fingere colpi di tosse per avvertire eventuali visitatori della mia presenza in bagno.
Grande idea!!!! Tossisco…tutto ok, non risponde nessuno.
Altro colpo di tosse. Sono un genio. Poi però mi è venuta un’altra intuizione.
E se fosse davvero entrato qualcuno e stesse aspettando appoggiato al muro la mia uscita e stesse valutando che magari quella tosse fosse stata atteggiata con l’intento di camuffare un altro genere di rumore proveniente proprio dal bagno? Oddio! Non volevo essere fraintesa!
Niente. L’unica alterativa è stata interrompere l’operazione, e provvedere a rivestirmi il prima possibile.
Ma proprio nell’istante in cui ho tirato su il jeans, con mossa repentina un avvocato ha abbassato la maniglia con tutta la sua forza trovandosi dinanzi un’immagine di ira impetuosa. Ha provato a scusarsi, ma io con i pantaloni ancora sbottonati l’ho inseguito fino ai lavandini urlando “lei è un grandissimo maleducato! Mi ha fatto cadere la borsa per terraaaaaaaa”. Nel dubbio che l’unica Furla che possiedo fosse bagnata danonvogliosapereneanchequaleliquido gliel’ho strisciata sulla giacca per asciugarla, mi sono rivestita, sono uscita dal bagno ed ho picchiato il mio collega.

Vittoria Gangemi

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