La Vittoria di ogni giorno (la telefonata)

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Finalmente è giunto il giorno in cui devono operare la persona più importante della tua vita, tuo padre.
Dico finalmente perché a volte, in alcune circostanze, l’attesa di capire cosa accadrà è molto più logorante dell’accadimento in sè.
Sei tesa, confusa, disperata.
Non hai ancora digerito i tre piatti di risotto che hai ingollato la sera prima per soffocare la tensione, non hai dormito.
Ma sei pronta. Adesso accompagnerai i bambini all’asilo e poi potrai andare in ospedale a recitare tutte le preghiere che conosci, sentendoti anche un po’ in colpa di dover scomodare Dio che, nei tuoi confronti, è sempre stato così generoso ed attento.
Ma, all’improvviso, arriva l’imprevisto.

Ore 8 di mattina, telefona tua madre, una scheggia impazzita di energia vitale e follia per nulla mescolate insieme, anzi, tenute distinte per bombardarti a fasi alterne e inibire, con lo stupore provocato, ogni tua reazione.
Mia madre e la tecnologia sono quanto di più lontano possa esistere.
Per lei telefonare da un cellulare equivale a prepararsi per lasciare la terra a bordo di uno shuttle.
Da almeno vent’anni anni cerca di imparare ad usare il cellulare seguendo pedissequamente le istruzioni, scritte, che noi figli le abbiamo impartito.

Per prima cosa si prepara alla composizione del numero di telefono.
Per mia madre, che, chiaramente, non è in possesso di uno smartphone touch screen, è molto importante pigiare ben bene i tasti dei numeri corrispondenti al numero di telefono da comporre, altrimenti lei ritiene di non poter riprodurre correttamente il numero e, conseguentemente, di non riuscire ad effettuare la chiamata.
Ne consegue che, questo mezzo metro di donna, ogni volta che deve fare una telefonata prende il foglietto che ha ben riposto nel portafogli non essendo in grado di utilizzare la rubrica del cellulare, ed inizia a aprire e chiudere le mani osservando con sguardo severo il cellulare, quasi a minacciarlo che, se non comporrà bene il numero secondo i suoi comandi, lui morirà.

La fase successiva è dedicata alla composizione del numero. Nel comporre il numero, mia madre spinge l’indice della mano destra in corrispondenza del tasto che le serve, con tutta la forza di cui è dotata, al pari di uno schermidore nell’atto di compiere un affondo.
Utilizza una tale violenza sulla tastiera che alcuni tasti sono rientrati nella mascherina del cellulare in modo irreversibile, con la logica conseguenza che alcuni numeri non si possono digitare più.
A volte per aiutarsi nella composizione, fa una sorta di training autogeno, ripetendo a voce alta il numero che sta digitando, quasi fosse un avvertimento.
Il tono è minaccioso: ”ttttttrrreeeeee”.
Sottintende: “tre muoviti ad apparire sul display o ti sgozzo.”

Una volta composto il numero, con la sicurezza e la caparbietà che mette in tutti i suoi gesti, si allontana spavaldamente dalla zona di ricezione ed inizia a vagare finché non trova l’unico posto assolutamente schermato dove posizionarsi comodamente.
Il tutto dopo avere inviato la chiamata.
Per cui tu, in apprensione, vedi che ti sta chiamando, rispondi, ma dall’altro capo del telefono c’è il nulla.
Cade la linea e tu provi a richiamare ma, ovviamente, non prende.
Allora, chiami per la seconda volta.
Riesci a prendere la linea e la mamma risponde: ”PRRRRROOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOONTOOOOOOOOOOOOOOO”.
A questo punto, l’impulso è quello di riattaccare, ma lei ti ha talmente intontito con quell’urlo che non hai la prontezza di reagire.
E allora, considerato anche che tuo padre è con lei in ospedale, sussurri a denti mooooolto stretti: ”mamma io ti sento, dimmi cosa succede?”.
Tu la senti, ma lei ovviamente no.
”PRRRRRRRRRROOOOOONNNNTTTOOOOOOOOOOOOOOOVIIIIITTTTOOOOORRRRIIIIAAAAAA MAmmamianonsentonienteoracomefacciochenonriescoaparlareQUANT’ERAMEGLIOUNAVOLTACHENONC’ERANOORACOMEFACCIOMAMMAMIA.” Ti concentri. Pensi se davvero valga la pena di innervosirti.
Fai un bel respiro profondo, ok.
Inspiri, espiri. Si ne vale proprio la pena: ”MAMMMAAAAAAAAAAA IO TI SENTOOOOOOOO CHE SUCCEDEEEEEE?”- urli a perdifiato.
Questo è quello che dici, ma con la stessa tonalità da soprano seviziato vorresti ululare tutte le cattive parole che la tua testa ha incamerato in 40 anni di vita.
Anche perché nel frattempo sono trascorsi dieci minuti e inizi a pensare che tuo padre possa avere bisogno di qualcosa e tu stai dannatamente ed inutilmente tardando nell’intervento.
A quel punto, lei si calma. L’effetto grida a sorpresa funziona anche con lei.
”A’ mamma, non ti innervosire” – dice.

In pochi secondi pensi.
Pensi al modo in cui farla fuori, pensi che devi fumaredrogartibereperdimenticare, pensi che il riso di ieri sera ti si ripropone con vigore all’altezza dell’esofago.
Pensi che la rabbia che provi è per via del rancore atavico che nutri nei confronti di tua madre, perché da piccola ti costringeva a tenere i capelli troppo lunghi e te li acconciava con mostruosi fiocchi colorati, ingombranti, esasperanti, fuori moda.
Pensi che andavi in un istituto di fighetti di destra e lei ti costringeva ad indossare il clogs del dott. Scholls mentre le tue compagne avevano le calzine ricamate e le ballerine.
Pensi a quando ti è stato detto che tu non potevi portare le ballerine perché non avevano l’arco plantare e avresti finito con il soffrire di piattismo.
Pensi ai maledetti inventori dell’arco plantare alla loro svogliatezza nello scegliere le scarpe in cui inserirlo, alla loro superficialità infinita nel creare scarpe obbrobriose atte a rovinarmi l’infanzia.
Pensi agli zoccoli, all’uso che ne vorresti fare in questo momento e pensi che non ti ritrovi uno zoccolo adesso per le mani e pensi “maaaaaaperchèèèèèèèèèèèèèèè?”.

Ti svegli, lei urla dall’altro capo del telefono.
Ti sta informando che hanno ricoverato tuo padre in una stanza con altre 4 persone e che vorrebbe che parlassi con i medici, appena arrivi, affinché lo trasferiscano in una camera più appartata con un posto letto soltanto, così lei può coricarsi accanto a suo marito sulla sedia.
E mentre stai per dirle che non sta facendo una vacanza al The Adress Downtown Dubai Hotel, lei aggiunge: ”MIDEVIFAREQUESTOFAVOREA’MAMMATIPREGO. PERCHÈ IO LO SAI CHE DEVO GUARDARE TUO PADRE MENTRE DORME”.

Gli occhi ti si inondano di lacrime. In un istante le perdoni anche le cadute di stile sul tuo look e sussurri: ”mamma tranquilla, guarderai papà stanotte mentre dorme. Andrà tutto bene. Ti vogl…”.
Ma lei non sente, continua ad urlare.
Mavafannnnnn…. chiudo e scappo in ospedale.

Vittoria Gangemi

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