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Finalmente Messina avrà il suo Museo al completo: il 17 giugno l’inaugurazione

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Manca poco all’apertura degli ultimi padiglioni del Museo di Messina. Finalmente, dal 17 giugno, la struttura sarà fruibile al pubblico per intero, dopo l’apertura di metà degli spazi espositivi, avvenuta lo scorso dicembre.

Grande fermento, quindi, per i preparativi e l’allestimento delle sale. Le ultime opere rimaste nel caveau sono state trasferite nelle loro future postazioni, organizzate al meglio dai professionisti coordinati da Caterina di Giacomo, Direttore del Polo Regionale di Messina per i Siti Culturali e responsabile dell’ordinamento scientifico del nuovo museo e dall’architetto Gianfranco Anastasio, Responsabile dei lavori di completamento della struttura.

Fra i professionisti restauratori impegnati nell’allestimento del nuovo Museo, Ernesto Geraci, ex docente dell’Istituto d’Arte, formatosi a Roma con i maestri Brandi e Moro:  “Geraci – spiega la direttrice del Museo di Messina – è un profondo conoscitore delle tecniche e delle problematiche delle tavole di Antonello da Messina, tanto da essere già intervenuto più volte su quelle messinesi e sull’ ‘Annunciazione’ di Palazzolo Acreide adesso esposta a Siracusa, nel Museo Bellomo. Più recentemente ha curato interventi su opere di Antonello in occasione della celebre mostra allestita nelle Scuderie del Quirinale. Oltre alla revisione della superficie pittorica ed al fissaggio preventivo di parti del “Polittico di S. Gregorio” di Antonello, fra le opere che hanno richiesto la sapiente mano di Geraci c’è anche l’immensa Pala di Girolamo Alibrandi ‘Presentazione al Tempio'”.

Il percorso.

Il museo riunirà in un ampio percorso – riorganizzato secondo un rigoroso criterio cronologico – il patrimonio storico artistico della città, faticosamente recuperato dalle macerie del terribile terremoto del 1908, e quanto rimasto della collezione dello storico Museo Civico Peloritano: pezzi che documentano la millenaria storia di Messina e già in parte esposti nelle sale dell’ex Filanda Mellinghoff, opificio ottocentesco risparmiato dal sisma.

Breve storia del Museo Regionale di Messina.

Fu istituito nel 1806 e la sua prima sede fu all’Archivio degli atti notarili, in via Rovere. Dopo una serie di trasferimenti, fu stabilito nell’ex monastero di San Gregorio, fino al 1908. Il terremoto distrusse gran parte del materiale. Da quel momento si cercò una più adeguata sistemazione delle opere per preservarle al meglio. Furono necessari due anni per recuperare il materiale perso.

Il museo fu allestito in zona Salvatore dei Greci. Durante la seconda guerra mondiale, il materiale artistico rimasto incustodito è soggetto a ruberie. Al termine del conflitto, gran parte delle opere d’arte mobili, alloggiate in luoghi di fortuna, ritornano nell’edificio dell’ex-filanda, ma non si provvede ad alcuna operazione inventariale.

La realizzazione del complesso museale come lo conosciamo oggi avviene fra il 1985 e il 1994. Il nuovo edificio, seppur completo, rimane chiuso al pubblico fino a dicembre 2016, quando vengono inaugurati solo alcune zone: il padiglione A (con la sezione archeologica) e l’Ala nord con i capolavori del Caravaggio, la sala dei caravaggeschi e il monumentale complesso statuario del Montorsoli.

Il 17 giugno, dopo decenni, il Museo Regionale Interdisciplinare di Messina verrà restituito al suo pubblico, ansioso di vedere le bellezze artistiche e storiche di una città che ha molto da raccontare.

Martina Zaccone

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  1. Questa bella e tanto attesa notizia contiene però anche un dettaglio fonte di delusione per il sottoscritto. Delusione che spero sia condivisa da molti e trasformata in proposta ed azione.
    Il nuovo percorso espositivo non comprende i due dipinti di Onofrio Gabrieli posseduti dal Museo, nemmeno la celebre Madonna del Soccorso, una delle poche tele firmate dall’artista e l’unica, tra quelle citate da Francesco Susinno, superstite ai due terremoti del 1783 e 1908.
    Mi auguro che il quarto centenario dalla nascita dell’artista (Gesso, 2 aprile 1619) sia occasione per rimediare a questa esclusione e ricordare degnamente Onofrio Gabrieli.

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