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MessinAccomuna torna a parlare di Atm: «La liquidazione non è necessaria»

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Foto dei bus atmMessinAccomuna torna a parlare della questione Atm, in merito ai provvedimenti che si prenderanno nei riguardi dell’azienda con l’applicazione del Salva Messina. In una nota, indirizzata ai Consiglieri comunali e alle altre forze politiche e sociali, si spiegano le motivazioni che dovrebbero generare un nuovo dibattito riguardante la Partecipata e il perché questa non dovrebbe essere messa in liquidazione.

«MessinAccomuna ritiene necessario che ogni discussione delle misure proposte nel cosiddetto “Salva Messina” sia preceduta da una seria, attenta e approfondita valutazione della reale necessità di ridefinire il perimetro economico del riequilibrio finanziario di Messina e dalla precisa quantificazione di questa eventuale ridefinizione. In assenza di questa base i provvedimenti varati sarebbero carenti di motivazione e fonte di potenziale danno erariale, poiché imporrebbero ai cittadini sacrifici non dovuti ed eventualmente non legittimi» questa la ragione esposta in apertura della nota di MessiAccomuna.

«A premessa del “Salva Messina” viene rappresentata la necessità di incrementare l’esposizione debitoria del Comune nel rimodulando piano di riequilibrio. Una quota importante di questo appesantimento finanziario è attribuita all’assorbimento delle passività ATM. In questa nota viene discussa la fondatezza normativa di questa ipotesi.

In particolare, l’amministrazione De Luca propone per ATM due interventi:

  • l’incremento del passivo del piano di riequilibrio del Comune (ossia del costo a carico della collettività) per “perdite” ATM, portando l’esposizione relativa a questa voce da 32 a 81 milioni;
  • la liquidazione dell’azienda e la costituzione di una nuova SpA.

La prima operazione proposta appare giuridicamente non fondata e per conseguenza illegittima, la seconda non necessaria.

Le ragioni delle valutazioni sopra espresse (approfondite nei prossimi paragrafi) sono le seguenti:

  1. ATM non è “società di capitali”, ma “azienda speciale”. Come tale è regolata dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), che definisce tassativamente cosa può essere portato a riconoscimento di debito fuori bilancio per i Comuni.
  2. Il TUEL, vincolando a riconoscere i “disavanzi” dell’azienda speciale, non consente al Comune di riconoscere i “debiti” di un’azienda speciale qualora questi risultino coperti da crediti e non generino “disavanzi” nei bilanci.
  3. Il TUEL non prevede alcuna forma di ricostituzione del capitale di un’azienda speciale.
  4. L’importo di 32 milioni circa, già inserito nel piano di riequilibrio, corrisponde a quanto previsto dalla normativa, è stato definito con il coinvolgimento e il parere favorevole del Collegio dei Revisori e non è stato censurato dal Ministero dell’Interno nella prima sommaria istruzione del piano.
  5. Le “aziende speciali” (soggetti non fallibili) non sono assoggettate alle norme fallimentari o concorsuali, ma solo alla disciplina del TUEL e non sussiste per le stesse alcun obbligo di liquidazione.
  6. È invece necessario mantenere la gestione del trasporto pubblico locale nell’alveo pubblico per coerenza con l’esito del referendum del 2011 sui servizi pubblici locali».

 

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