Messina Servizi Bene Comune, Fragale: “Troppe pressioni sul Consiglio. A rischio la libertà di scelta”

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Riceviamo a pubblichiamo interamente la nota di Emilio Fragale sulla Messina Servizi Bene Comune.

“Registro un inconsulto pressing sui consiglieri comunali di Messina. Denunzio il pericolo che la autodeterminazione dei componenti del civico consesso possa essere minata. Invoco l’intervento degli apicali delle forze politiche e sociali a presidio della loro serenità, della loro libertà, della loro responsabilità. Sono chiamati a votare una delibera che, per l’importanza così come per la delicatezza, impone un discernimento scevro da condizionamenti. Non ho ruolo ne’ per suggerire ne’ meno che mai per dettare una linea. Intervengo per sensibilità avendo memoria di ciò che si sperimenta – non di sovente in totale solitudine – quando si riveste un ruolo pubblico tra decisioni sofferte e altre necessitate. Ovviamente, si parla di Messinambiente e di Messinaservizi bene comune. Non mi sono mai piaciute sedute semi-deserte e votazioni con quorum costitutivi e deliberativi risicati. Tuttavia, nella dialettica tra maggioranza e opposizione, tra input degli organi di governo e segnali degli organi di indirizzo, non mi sorprende ne’ il voto contrario, ne’ l’astensione, ne’ l’assenza. Di volta in volta possono essere funzionali all’esercizio di un diritto-dovere critico che non necessariamente si traduce in insipienza o strafottenza ostruzionistica. Per l’Amministrazione del Sindaco Accorinti il percorso dettato è una necessità? Occorre forza persuasiva per vincere sofferti dubbi – oltremodo legittimi – di sostenibilità economica, finanziaria, giuridica. E’ palpabile l’allarme sociale. E’ comprensibile la preoccupazione di lavoratrici e lavoratori.  I dubbi però non possono essere fugati da spallate e rappresaglie emotive. Mi pare di capire che vi sono tre questioni che si agitano e che l’agitazione (e’ un eufemismo) dei dipendenti non può aiutare a risolvere. La prima. L’opzione della giunta Accorinti non era l’unica possibile.  Tuttavia, una scelta sul modello di gestione è stata fatta e va rispettata. È vero che l’affidamento in house rappresenta una scelta discrezionale all’interno delle possibilità previste dall’ordinamento, ma altrettanto vero è che tale scelta deve essere adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano rispetto alle altre opzioni (cfr. Cons. Stato sez. V n. 4599/2014).  Recentemente, per esempio, e’ stato affermato (cfr. Consiglio di Stato sez. III 26 maggio 2016 n. 2228), <<deve essere riconosciuto l’interesse strumentale a ricorrere in capo a qualsiasi imprenditore del settore e potenziale concorrente, che contesti il modulo organizzativo dell’in house providing e, dunque, la scelta della stazione appaltante di disporre un affidamento diretto anziché ricorrere al mercato concorrenziale.> La seconda. Accorinti e i suoi – che peraltro si presentano al Consiglio con il poco tecnico e contabile rassicurante uno e trino dott. Le Donne – sembrano volere sorvolare su una istanza letterale della norma in materia che non ritiene sufficiente lo svolazzare nelle pieghe di principio delle cornici normative ma che prescrive come contenuto (nel senso che devonsi contenere) relazioni peritali dettagliate e proiezioni asseverate da attendibilità anche alla luce degli strumenti pluriennali di bilancio adottati. Pertanto, il punto di domanda se l’adagiarsi sul piano A.R.U. sia bastevole non è da accogliere come fastidioso capriccio. Leggo e trascrivo da un passaggio della parte motiva di sentenza del T.A.R. Lombardia quanto segue: <<Tanto più nella specie in cui l’art. 34, comma 20, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. in L. 17 dicembre 2012, n. 221 impone un dettagliato e più aggravato onere motivazionale, subordinando la legittimità della scelta della concreta modalità di gestione dei servizi pubblici locali proprio alla redazione di un’apposita relazione che dia conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma dell’affidamento prescelta e che definisca i contenuti specifici degli obblighi del servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste (cfr. Cons. Stato sez. V 12 maggio 2016 n. 1900). La relazione che supporta la scelta di operare mediante affidamento in house, di cui al richiamato art. 34 comma 20 del D.L. 179/2012, è finalizzata a rendere trasparenti e conoscibili agli interessati tanto le operazioni di riscontro delle caratteristiche che fanno dell’affidataria una società in house, quanto il processo d’individuazione del modello più efficiente ed economico alla luce di una valutazione comparativa di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti (T.A.R. Friuli Venezia Giulia – 26/10/2015 n. 468; T.A.R. Abruzzo Pescara – 14/8/2015 n. 349). I riferiti canoni interpretativi trovano oggi positiva rispondenza nell’art. 192 del D.lgs. 50/2016 (“Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”).> La terza. Questo riempirsi la bocca con la chimera della distinzione tra bad company e new company, nel pieno e nel mezzo di una querelle che per adulcorare l’incedere discorsivo si connota come  concorsuale, non sembra tenere conto di controindicazioni datate e recenti nella costruzione giurisprudenziale e normativa. Il consiglio comunale viene invitato ad essere consequenziale rispetto al voto precedente. Bene … orbene in quella delibera veniva, d’altra parte, anche precisato che occorreva procedere con i contratti di servizio nel rispetto degli adempimenti di legge. Questi adempimenti di legge si stanno rispettando?  In caso di affidamento in house si richiede o no che una relazione che comprenda un piano economico-finanziario che contenga anche la proiezione, per il periodo di durata dell’affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti, con la specificazione, nell’ipotesi di affidamento in house, dell’assetto economico- patrimoniale della società, del capitale proprio investito e dell’ammontare dell’indebitamento da aggiornare ogni triennio.  Il piano economico-finanziario deve essere asseverato o no da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso e iscritte nell’albo degli intermediari finanziari? E’ stato fatto? E’ necessario? Il sofferto dubbio dei consiglieri comunali, dubbio che gli stessi revisori dei conti sono chiamati a dipanare con posizione intellegibile dentro e fuori Palazzo Zanca, al momento si sta esprimendo tra dichiarazioni di voto contrario e assenze. Non li si può spremere. Li si deve convincere. Non li può convincere ne’ il Segretario Generale, ne’ un sindacato, ne’ un caos in Aula, ne’ una campagna mediatica. Occorre a questo punto innalzare il livello del coinvolgimento istituzionale perché attiene  – senza tergiversare – all’alveo dell’ordine pubblico. Questa nota è firmata da chi, tra quellicheceranoprima che ha scritto la transazione e definito l’itinerario per spingere fuori dalla società Messinaambinete il chiaccherato (più o meno giustificatamente) precedente socio privato. Mai, tuttavia, avrei pensato di restare a lungo senza partner – da selezionare con procedura ad evidenza pubblica – solido e esperto, saldo di esperienza e capace di manageriale lettura innovativa. Questa, tuttavia, è una altra storia. Una storia sepolta.

Emilio Fragale 

 

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