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Palazzo Zanca. Meno richieste dei gettoni di presenza, il Comune risparmia

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Dall’inchiesta Gettonopoli, se non in termini di immagine ma almeno in materia di risparmio, qualcosa di buono è tornato al Comune di Messina: più soldi in cassa, vista la mancata richiesta dei gettoni di presenza da parte di alcuni consiglieri. Nei giorni successivi allo scattare dei provvedimenti cautelari disposti dalla Magistratura, che vincolavano dodici consiglieri comunali all’obbligo di firma prima e dopo i lavori, sono infatti notevolmente diminuite le presenze in Aula. Probabilmente, per alcuni  si è trattato di una forma di protesta contro un provvedimento ritenuto ingiusto.

Ma ciò che consente al Comune il vero  risparmio sul rimborso dell’indennità che spetta ad ogni singolo consigliere, è dato, principalmente, dalla disposizione regionale secondo la quale non deve essere riconosciuto il gettone di presenza relativo alla prima convocazione delle Commissioni consiliari.

L’inchiesta Gettonopoli era venuta alla luce lo scorso 12 novembre. Condotta dalla Digos, aveva puntato i riflettori sul palazzo comunale. Attraverso riprese di telecamere nascoste ed intercettazioni telefoniche, gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Barbaro e dal sostituto procuratore Diego Capece Minutolo, avevano documentato il veloce passaggio dalle salette delle commissioni dei consiglieri comunali che arrivavano, firmavano e andavano via, assicurandosi cosi’ il gettone di presenza. Un meccanismo che, secondo la procura, riguardava la maggioranza dei consiglieri. Rispetto ai 23 indagati iniziali, il cerchio si e’ ristretto a 19 indagati. Truffa, falso ideologico e abuso d’ufficio i reati contestati a vario titolo. Per loro, il prossimo 17 marzo, il gup dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal Pm lo scorso 15 novembre.

 

 

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