Rfi ferma la “Messina”e avvia il traghettamento delle auto. Orsa: “Vogliamo vederci chiaro”

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Il traghetto “Messina”, ammiraglia della flotta Rfi sullo Stretto, sarà costretto a fermarsi per lavori di manutenzione programmati già da tempo. Il servizio continuerà ad essere garantito dalle storiche “Villa” e “Scilla” che garantiranno anche il trasporto dei mezzi gommati vista la presenza del ponte auto, assente invece sulla più nuova “Messina”. Alla luce dei fatti, al sindacato Orsa viene spontaneo chiedersi, se è necessario e remunerativo traghettare anche le vetture, “perché la nave appena acquistata con soldi pubblici è stata concepita senza il ponte auto?”

A questo punto il sindacato prova a fornirsi delle risposte e intanto annuncia lo sciopero del prossimo 8 settembre. “Qualcuno potrebbe rispondere che Rfi – spiega la nota – in seguito all’intervento dall’antitrust, non può più traghettare automobili; può soltanto affittare i ponti auto di Scilla e Villa alla Bluferries, società del Gruppo Fs che agisce a rischio d’impresa, senza sovvenzioni pubbliche. In questo caso significherebbe che tutti gli sforzi messi in atto da Rfi per traghettare il maggior numero di automobili servono solo a portare utili principalmente nelle casse della privata Bluferries e non interamente nelle proprie, ma il vero sviluppo autolesionista si registra nel fatto che la fermata forzata della nave Messina comporta limpossibilità per Rfi, non avendo altre navi disponibili, di traghettare il remunerativo carico di merce pericolosa su ferrocisterne, provvisoriamente affidato, ancora una volta, alla solita Bluferries che lo traghetta con le navi adibite (Fata Morgana e Riace) facendo pagare a Rfi un noleggio con costi non del tutto conosciuti”.

“Tutto sembra muoversi – spiega Orsa –  per favorire la produzione della sorella privata del gruppo, dove l’armatore ha sostituito il contratto di lavoro dei ferrovieri con un più conveniente contratto marittimo e i costi per l’utenza sono dettati dal mercato storicamente allineato al diktat di Caronte&Tourist”.

A giudizio del sindacato “la dirigenza di Rfi, invece di operare per rispondere alle esigenze di Bluferries che per scelta di Holding agisce a rischio d’impresa, dovrebbe svolgere la propria mission di vettore pubblico impiegando ogni sforzo per conferire canoni di civiltà al traghettamento dei treni a lunga percorrenza e sfruttare le potenzialità produttive del trasporto merci su rotaia, servizi di pubblica utilità ormai scaduti a livelli da terzo mondo dei trasporti”.

“Riassumendo – precisa Orsa – accade che Rfi decide di lasciare ferma la nave Messina e traghetta le automobili per conto di Bluferries riscuotendo solo l’affitto dei ponte auto. La fermata della nave Messina comporta però anche l’impossibilita per Rfi di traghettare le merci pericolose su rotaia, servizio dirottato verso la società Bluferries che incassa da Rfi i costi di noleggio delle proprie navi. Privatizzazione degli utili e socializzazione del debito e dei disservizi”?

“Preso atto che sino ad oggi il numero delle auto traghettate da Rfi è davvero irrisorio, non si capisce quale sia la convenienza economica per il vettore pubblico di lasciare ferma la nave ammiraglia e operare, per conto di Bluferries, un servizio che le è stato vietato dall’antitrust; rinunciando di fatto ai significativi incassi provenienti dal traghettamento delle ferrocisterne che allo stato dell’arte viene spartito sempre con Bluferries, chiamata ad effettuare il servizio sostitutivo noleggiando a Rfi le proprie navi. Se invece la dirigenza di Rfi si fosse convinta che il futuro della produzione sta nel traghettamento  del gommato leggero, avrebbe commesso un imperdonabile errore di programmazione nell’acquistare una nave (Messina) senza il ponte dedicato (auto); in ogni caso, trattandosi di risorse dei contribuenti, per le ragioni esposte, sarebbe doveroso, da parte del Responsabile della Navigazione Rfi di Messina, fornire pubblicamente i dovuti chiarimenti con l’indicazione esatta di costi e “benefici” di tale incomprensibile operazione di scambio, in modo tale da spiegare eventuali esigenze di marketing che alle menti normali sfuggono”.

Orsa annuncia dunque che i lavoratori incroceranno le braccia il prossimo 8 settembre.

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