Occupati… a fare qualcosa di buono. Ecco cosa fanno gli studenti di La Farina e Seguenza dentro le loro aule. Mentre fuori “il cattivo” distrugge i loro sogni

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SPECIALE SCUOLE

 

Un chiasso che nemmeno nei peggiori mercati potreste ascoltare, chitarre elettriche e batterie più o meno a tempo e un banchetto di “guardie” che chiede chi sono. Questa è l’accoglienza del Liceo classico “La Farina”, che stamattina abbiamo scelto di visitare per capire cosa sta succedendo all’interno dell’istituto occupato da lunedì. A primo impatto l’impressione non è delle più rosee, sembra la classica occupazione dove poter fare caciara liberamente. Ma nel giro di pochi secondi mi sono dovuta ricredere.

occupatoIn realtà le “guardie” (studenti seduti dietro un banchetto che segnano nome e cognome di chi entra, anzi loro preferiscono dire “chi partecipa”) mi hanno subito lasciato entrare, contenti della mia visita. Alcuni tra loro mi hanno accompagnata a cercare i rappresentanti d’istituto in giro per il plesso, e nel frattempo mi hanno detto: «Noi crediamo veramente in questa protesta, vorremmo che la gente se ne rendesse conto. E la scusa delle vacanze di Natale non c’entra: noi abbiamo iniziato a novembre e, francamente, siamo abbastanza convinti che la protesta finirà prima del 24 dicembre». Li saluto, mi rispondono: «Grazie, perché date voce alle nostre esigenze».

Rimango a discutere con i tre rappresentanti, Francesco, Simone e Giuseppe. Di Pennac, Latouche, Morante. Hanno risposto con la sicurezza e la padronanza di chi sembra davvero essere un appassionato della cultura: citando filosofi, scrittori e critici in modo pertinente. «La nostra protesta – dicono – serve a sensibilizzare la società e a creare coscienze critiche, non a saltare lezioni. A scuola non si insegna fotografia, teatro, la Costituzione. Ecco, noi durante questa occupazione è quello che stiamo facendo». Al La Farina, infatti, i ragazzi stessi hanno organizzato dei corsi “alternativi” per andare oltre l’insegnamento curriculare e aprire le menti degli studenti, «perché a che serve conoscere solo le date degli eventi storici o le formule matematiche se poi fuori vieni sbattuto in una realtà dove servirebbero nozioni di diritto, sociologia, economia, anche alla nostra età?». Vogliono che si sappia che lì dentro stanno costruendo idee buone e valide, che vogliono resistere al “cattivo” (la politica) che sta distruggendo i loro sogni. Perché loro, la speranza ancora ce l’hanno. Perché a loro non piace che una generazione venga definita choosy. «Noi, il futuro lo vediamo nero, ma vogliamo credere che un cambiamento sia possibile. Purtroppo – sostengono – non esiste una valida alternativa a questo sistema capitalista che divora la società. La politica ci sta abbandonando e militano persone che non sono vecchie… sono vecchissime!». Sì, ma appena l’occupazione finisce, che succederà se è vero che volete cambiare le cose? «Continueremo a manifestare, a farci sentire. Ci sono molti docenti dalla nostra parte, perché le riforme del governo riguardano anche loro». Ma allora che ci facevano quegli strumenti musicali all’ingresso? «Stiamo organizzando un concerto per domani sera. È solo una delle tante attività che facciamo. Noi discutiamo di diritto e attualità, facciamo assemblee per esprimere le nostre opinioni, come è giusto che sia in una democrazia partecipata, ma ci cimentiamo anche in altri aspetti. La musica è solo uno di questi». Loro stanno lì anche la notte a dormire e la domenica a celebrare una messa decisamente sui generis, dove si leggono versetti della “Bibbia” politica con spirito critico. E poi si fa tutti insieme una bella mangiata, come ogni domenica che si rispetti. E noi di Normanno siamo stati anche invitati, perché «sono stati contenti di parlare con noi».

occpuazioneE se il La Farina ci invita al pranzo della domenica, al Seguenza ci dicono che non possiamo entrare perché “ai piani alti” la cosa potrebbe dare fastidio. Ed è proprio questo punto che discutiamo con Andrea, uno dei rappresentati d’istituto, con il quale abbiamo parlato sugli scalini della scuola: «Studenti e docenti abbiamo deciso di lasciare fuori tutti quelli che con il Seguenza non c’entrano niente. Il motivo è semplice: noi qui non stiamo facendo baldoria e la nostra scuola non deve essere un via vai di estranei che non hanno voglia di fare. Noi qui ci stiamo impegnando in attività serie, stiamo persino continuando a studiare». Ai ragazzi, infatti, è permesso di mettersi d’accordo con i docenti per seguire corsi di matematica, latino e tutte le altre discipline proprio perché – ci dice Andrea − non stiamo occupando per marinare la scuola». Anche loro, come al La Farina, hanno organizzato corsi mattutini tenuti dagli studenti stessi, di dibattito sull’attualità, teatro, ballo, canto, scacchi, musica, e corsi pomeridiani avanzati di politica e non solo tenuti da esperti esterni. Anche loro vogliono che si sappia che non stanno giocando, anzi. Stanno costruendo un’idea di scuola viva e intelligente. Sono circa 400 le persone impegnate a fare qualcosa, e se è necessario mettono anche soldi di tasca propria (ad esempio per l’acquisto del videoproiettore), fanno turni per pulire con lo straccio ogni giorno e fare in modo di poter far dormire i ragazzi in un ambiente pulito e ordinato. «Ce l’abbiamo con il sistema, non con i professori che infatti – anche se non tutti – stanno sostenendo la nostra causa. Del resto non siamo presi in considerazione noi studenti, ma nemmeno loro insegnanti» sostiene Andrea, riferendosi a chi governa il nostro Paese e la nostra Regione. «Non ci stiamo a vedere la nostra scuola diventare un’azienda privata, il cui obiettivo è solo monetizzare. La scuola per me è una famiglia e discutere è fondamentale. Se ci tolgono la possibilità di decidere i nostri rappresentanti, di avere un dialogo sereno con i nostri professori e di partecipare attivamente, che famiglia è?». La loro è una microsocietà che è giusto difendere da chi al sociale non ci pensa più. Anche a loro la politica non interessa: «Se la classe dirigente vuole aiutarci ben venga, ma noi non preghiamo nessuno. Devono rendersi conto loro stessi che siamo stanchi di essere snobbati». Lasciamo andare Andrea, c’è un corso che deve partire e un’assemblea da gestire. E tante altre cose da fare. Loro fanno, e non c’è spazio per chi non ha voglia di partecipare seriamente. «Chi vuole venire qui a passare il tempo giocando a carte è meglio che se ne stia a casa», conclude.

L’impressione, dopo una mattinata trascorsa con i “barricati”, è che questi ragazzi stiano cercando in ogni modo di togliere dalla testa degli adulti i soliti cliché, argomentando le loro idee e ripetendo a gran voce che c’è una scuola che dentro vive e crea, rispettando la loro intelligenza e mettendola in pratica per combattere per un futuro se non dorato, almeno decente…

 

Alessia Abrami

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