Tenda e minacce. Io sono Piero Adamo e Lucio D’Amico

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Io sono Piero Adamo e Lucio D’Amico. Potrei chiuderlo qui questo articolo, dire che stringo la mano a chi ha avuto il coraggio di denunciare l’ennesima stortura di questa città ( Adamo), e a chi ha detto “pane al pane e vino al vino” ( D’Amico), e basta. Invece scrivo altro. Scrivo che un consigliere comunale e un giornalista hanno fatto quello che andava fatto.

Il primo ha chiesto l’intervento dei Vigili urbani per togliere un bivacco da una delle vie principali della città ( c’era persino biancheria stesa sui cespugli dell’aiuola posta tra Tribunale e Università); il secondo ha detto che il primo ha fatto bene.

E il primo ha fatto bene perchè quella tenda era di pessimo esempio per altre simili iniziative; perchè la città rischiava di diventare un bivacco ad ogni aiuola, ad ogni area verde.
Ma a qualcuno piaceva quel senso di “libera occupazione” del suolo pubblico. Qualcuno che magari una casa ce l’ha e, se a cuore grande e amore per la “Libertà” in senso assoluto, corrisponde anche l’azione, avrebbe potuto dare in prima persona uno spazio nella propria casa alla senzatetto costretta al bivacco.

“Ma i senzatetto amano avere per tetto un cielo di stelle” – potrebbe essermi risposto -. Bene, allora cedesse, quel qualcuno che difende strenuamente l’allocamento della tenda nel cuore della città, un proprio spazio aperto a un senzatetto. Non so, l’area parcheggio auto di sua pertinenza, oppure il giardinetto su cui si affaccia una stanza di casa, magari quello in cui si riunisce con gli amici per discutere sui mali di questa sporca società.
Invece no. Invece qualcuno, e altri come lui cultori del libero pensiero e dell’azione nascosta, la scorsa notte ha imbrattato i muri di storici palazzi messinesi. Armati di pennarello, oppure era pennello, hanno offeso, insultato, un consigliere e un giornalista, colpevoli di avere osato, in piena libertà di pensiero, di contravvenire alle “loro regole”.

E prima fra queste “regole” è che il concetto di “libertà” attiene soltanto a certe frange di società, è competenza “loro”. Gli altri vanno puniti, offesi.
Cosa aspettarci ancora? Forse insulti, se non peggio, a chi firmerà questo articolo e a chiunque manifesti solidarietà ai due “notenda”?

E dal sindaco cosa aspettarci? Già, cosa aspettarci da un sindaco “confuso” che in equa misura si dichiara solidale tanto agli antagonisti quanto ai vigili urbani, primi protagonisti della vicenda che ci ha portati qui a scriverne e a leggerne.

Un sindaco double face, il nostro, rimasto fedele ai valori dell’antico “rivoluzionario”, ben lontano dai rigori imposti dal ruolo che ricopre, che spesso si dibatte, malamente, tra il personaggio e la persona. Come se qualcuno lo avesse imposto, a lui, “nopontista della prima ora”, di candidarsi e scordare la strada vecchia per la nuova.

Ma una cosa è certa in questo “incerto” sindaco: gli piace “vincere facile”. Lo dimostra quando, sfrontatamente, dichiara: “Se non vi vado bene, sfiduciatemi. Sono pronto ad andarmene subito.”

Eh già, caro Renato Accorinti, facile provocare quando si è certi di come va a finire la sfida. Quando si sa che la forza dell’altro, l’avversario”, ha lo spessore di una lamina, la consistenza di un velo.

Quando si è certi che nessuno ti butterebbe giù dalla poltrona pur di non perdere la propria.
Rimani invece, sindaco Accorinti. Rimani a mantenere le promesse fatte in campagna elettorale a chi ti ha votato. Rimani e fai il sindaco. Coerente al ruolo e non intermittente.

Io sono Piero Adamo e Lucio D’amico. L’ho già detto, lo so, ma mi piace ripeterlo.
Patrizia Vita

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