Ecco perchè vogliono uccidere Antoci

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C’è tutto il giro di affari illeciti dell’Agromafia dietro l’agguato a Giuseppe Antoci, il presidente del Parco Nebrodi sfuggito alla raffica di colpi esplosi contro l’auto su cui viaggiava. E Agromafia si traduce in tante attività, tutte hanno una matrice comune: terreni.
E terreno vuol dire pascolo, animali; vuol dire coltura.

I terreni adibiti a pascolo fruttano contributi agli allevatori, e dietro questi ci sono veterinari ‘amici’, che arrivano a dare per buono un capo malato, o viceversa, e far procedere alla macellazione, per consentire il contributo per l’abbattimento.

Coltura, un settore che produce finanziamenti regionali, dell’UE; un settore che spesso risulta fittizio: false assunzioni di agricoltori, false buste paga, false malattie, contributi veri, uguale truffa.

Ma coltura è anche il business del contributo annuo Agea per chi ottiene in concessione un terreno: 500 euro netti l’anno per un canone di 50 euro l’ettaro. Ad affidare la concessione sono i Comuni, l’Esa e il Parco dei Nebrodi. E qui scatta la “questione Antoci”.

Una vastità d’area, quella del Parco, che sfiora i 90mila ettari di terreno, dunque rappresentano ‘piatto goloso’ per la mafia, ma su quei terreni, dal 2013, anno in cui si insedia il dottore commercialista Giuseppe Antoci alla presidenza, scattano i controlli. Un giro di vite su quei canoni irrisori delle concessioni, pagati 10 e rimborsati 100.
E così, adesso, per ottenerli, quegli ambiti terreni, occorrono certificati antimafia e dei carichi pendenti. E questo vale anche per la stipula o il rinnovo di contratti di piccolo importo, al di sotto della soglia prevista per legge.
Il contraccolpo dell’azione di Antoci è la revoca di alcune concessioni e la perdita dei cospicui finanziamenti dell’Ue.

Troppo per chi aveva sguazzato nel sistema per anni. Va detto, infatti, che il Parco da 5 anni non aveva presidente, solo temporanee guide di commissari, uno l’anno, che proprio per la esiguità di tempo del mandato lasciavano le cose come stavano. Ma Antoci comincia a dare fastidio e arrivano le minacce. Biglietti anonimi e proiettili in busta non sono bastati a fermare quell’uomo ‘tutto d’un pezzo’ che non si fa piegare.

Due notti fa quegli spari che dovevano ucciderlo. L’auto blindata ha resistito a quei colpi. Giuseppe Antoci, ‘blindato’ anche lui, resiste alla mafia.

Patrizia Vita

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