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Muore ex edicolante. I figli denunciano: ” Nostro padre abbandonato in corsìa”

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Nuovo, presunto, caso di malasanità a Messina. I familiari di un uomo, Simone Picciolo, 72 anni, vogliono che la magistratura faccia luce sul decesso del congiunto, avvenuto la notte tra il 23 e il 24 aprile scorsi all’ospedale Papardo, ed accertare se ci sono eventuali responsabilità mediche.
Nella tarda serata del 22 aprile scorso, Simone Picciolo, messinese ma da qualche tempo residente a Piraino, ex edicolante, viene trasportato d’urgenza, con ambulanza del 118, all’Ospedale di Patti: l’uomo accusa un generale malessere e l’impossibilità di urinare.
Giunto al pronto soccorso, con una diagnosi d’ingresso di insufficienza renale, i sanitari,  a detta dei denuncianti senza disporne il ricovero, praticano nell’immediatezza dei diuretici, collocano un catetere ed effettuano alcuni esami strumentali.
Le condizioni del paziente rimangono immutate sino al mattino seguente. Uno dei medici del Pronto Soccorso di Patti- secondo quanto riportato in denuncia – “riferisce ai familiari di una grave insufficienza renale riscontrata e di probabili marker tumorali al fegato”.
Di conseguenza, non potendo effettuare più approfondite indagini- sostengono sempre i denuncianti – non essendo il presidio attrezzato per tali accertamenti e non essendo possibile disporre una consulenza specialistica oncologica nell’immediatezza, il medico in questione suggerisce l’urgenza di intervenire e di trasferire Picciolo in altro ospedale. Del reperimento della struttura sanitaria più adatta-avrebbe aggiunto il medico- se ne sarebbero occupati loro.

Ciò avveniva intorno alle  8 del mattino – raccontano i familiari – e poiché dopo oltre tre ore non viene comunicata la disponibilità di ricoverare il paziente in un’altra struttura, Picciolo si dimette volontariamente e viene trasportato d’urgenza, dal figlio, all’ospedale Papardo di Messina.

Secondo quanto denunciato, i due congiunti giungono al Pronto soccorso alle 12,35 del 23 aprile. Di seguito gli avvenimenti come esposti dal figlio del deceduto: “Dopo un’attesa di circa 30 minuti, mio padre è stato ammesso al pronto soccorso con diagnosi di insufficienza renale, con un codice “giallo”, e quindi veniva sottoposto a monitoraggio della pressione cardiaca e del battito.
Dopo, è stato fatto “accomodare” su una sedia a rotelle del pronto soccorso in attesa della consulenza medica richiesta al reparto di medicina interna.
A questo punto vale la pena evidenziare che è stato riferito a noi parenti (era giunta anche mia sorella) da un infermiere del pronto Soccorso che il medico del reparto di medicina interna si rifiutava di scendere al pronto soccorso per la visita e la consulenza richiesta.
Nostro padre rimaneva, quindi, in queste condizioni senza che nessuno praticasse alcuna terapia e senza che fosse effettuata alcuna visita fino alle 16,30 circa.
Solo alle 16,30,  un medico (in denuncia se ne fa il nome ndr) scendeva al Pronto soccorso, dopo essere stato più volte allertato dal medico di turno.
Solo alle 17,00 il paziente veniva trasportato al reparto di endocrinologia, non essendovi posto al reparto di medicina interna.
Alle 18,00 circa su indicazione dei sanitari venivano praticate per endovena delle fiale di Lasix.
Precisiamo che nostro padre era apparentemente in buone condizioni, parlava, era perfettamente vigile e cosciente, così che noi familiari lo abbiamo lasciato in reparto, essendo stati assicurati che la situazione era sotto controllo.
Intorno alle 23,00 ci è giunta una telefonata da parte di una infermiera del reparto di endocrinologica, che ci informava che nostro padre si lamentava ed era andato in escandescenze “disturbando” un altro paziente che si trovava ricoverato nella stessa stanza.
Alle 3,28 venivamo avvertiti telefonicamente da un medico che nostro padre era morto. Testualmente ci è stato riferito che ‘nostro padre aveva smesso di respirare’.

In denuncia viene sottolineato che, allo stato, non è dato conoscere alcun dettaglio della effettiva causa del decesso del paziente.

Questi i fatti riportati dalla famiglia Picciolo che, assistita dall’avvocato Antonio Roberti, vuol capire se nella morte del congiunto siano intervenuti, da parte dei medici e del personale sanitario delle due strutture ospitanti, fattori che, “arbitrariamente, illegittimamente, per imperizia, imprudenza, negligenza ovvero inosservanza delle “regole” del corretto svolgimento della professione medica, abbiano cagionato la morte del paziente”.

Simone Picciolo per anni ha gestito un’edicola sul Viale San Martino, quella posta accanto la chiesa San Nicolò.

Patrizia Vita

(1832)

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  1. Il Papardo..? Io darei anche una occhiatina..al reparto di neurologia..( lazzaretto..) e a quello di neurochirurgia…..Si sono accorti di un tumore alla testa di mio padre…dopo 3 mesi…sono stato costretto…al 4 mese del calvario…. a traferirlo al Policlinico di Messina….e li’ gli hanno dato il colpo di grazia ( alla neurochururgia dello stesso…si opera a prescindere…)..a proposito di malasanita’….

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