Guardò la donna sbagliata e fu ucciso: due condanne

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Sono due le condanne decise dai giudici della Corte d’Assise di Messina: per Bogdan Carare, cui sono stati inflitti 20 anni di reclusione, e per Giovanni Raffone, 14 anni e 4 mesi. Entrambi sono imputati nel processo scaturito dall’ omicidio di Mustafa Mandili, il 35enne marocchino trovato agonizzante, in un lago di sangue, la notte del 29 luglio 2015, nei pressi della Stazione ferroviaria di Messina.
Quell’uomo morì 10 giorni dopo, ucciso dai calci, i pugni, che gli avevano calato in testa, al torace.

Una morte sulla quale indagarono i carabinieri della stazione Messina Arcivescovado, che tassello dopo tassello, perchè forti erano le resistenze di chi sapeva ma taceva per paura, chiusero il cerchio con l’arresto di Raffone e Carare.

Nella ricostruzione dei fatti che portarono al pestaggio mortale, venne fuori il motivo, banalissimo, di quell’omicidio: uno sguardo di troppo a una donna.

Cosa accadde quella notte

Un gruppo di almeno tre persone aggredisce Mustafa Mandili, colpevole di avere osservato con insistenza la donna del componente di un gruppo di persone presenti in un locale. Il giovane viene aggredito, colpito con calci e pugni su tutto il corpo, forse anche utilizzando un casco da motociclista, e il pestaggio non si ferma fintanto che la vittima non rimane a terra inerme in una pozza di sangue. All’arrivo dei Carabinieri, i responsabili della selvaggia aggressione si sono già dileguati. L’uomo viene portato al Policlinico, dove è sottoposto a intervento chirurgico per poi essere trasferito al Reparto di Terapia intensiva dell’ospedale Piemonte di Messina. I Carabinieri non riescono a parlare con lui perché privo di conoscenza e le indagini vengono condotte dapprima con la raccolta di alcune scarse testimonianze. Poi, pezzo dopo pezzo, il puzzle comincia a prendere forma, ma il 9 agosto il giovane marocchino muore.

Le indagini

Le riprese di diverse telecamere posizionate intorno al luogo dell’aggressione e la ricostruzione degli investigatori dell’Arma, ma anche mezze parole, cose dette e non dette, di chi c’era la sera in cui la vittima fu massacrata di botte, aiutarono i carabinieri a identificare Giovanni Raffone, ritenuto uno dei due autori del pestaggio. Carare, si rese irreperibile, fu arrestato poco dopo. Ieri, per i due, le condanne.

( nella foto Giovanni Raffone)

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