Gli affari ‘sporchi’ di Messinambiente. Tangenti pagate con le tasse cittadine

Pubblicato il alle

6' min di lettura

A fare scattare l’inchiesta che oggi ha portato agli arresti di 5 persone, per il reato in concorso di Corruzione e Truffa aggravata, tra dirigenti di Messinambiente e imprenditori, è stata la denuncia del sindaco Renato Accorinti.

Indagini affidate alla Polizia giudiziaria e al Nucleo Investigativo dei Carabinieri. Ci sono 3 tangenti per un totale di 100mila euro, soldi confluiti nel conto corrente di Antonino Inferrera, 45 anni, funzionario amministrativo-contabile della società Messinambiente.

Secondo l’accusa, mente della truffa sarebbe stato l’ ex amministratore unico, e poi liquidatore della società che gestisce la raccolta e lo smaltimento rifiuti in città, Armando Di Maria.

Da una complessa e articolata indagine avviata nel 2013, che oggi è sfociata nei 5 arresti, è stata sottoposta al vaglio degli investigatori l’intera gestione di Messinambiente S.p.a., società pubblica il cui capitale è interamente detenuto da enti locali.

Ne è venuto fuori che i messinesi hanno pagato tasse sui rifiuti per risollevare le passività di Messinambiente. Passività derivanti da un sistema di tangenti. La società – risulta dall’attività di Polizia e Carabinieri – avrebbe accumulato sprechi per decine di milioni di euro l’anno. Persino i mezzi, in condizioni vetuste, non venivano sottoposti alle necessarie manutenzioni.

Questa mattina sono stati disposti gli arresti domiciliari per Armando Di Maria, 60 anni, Antonino Inferrera, per gli imprenditori Marcello De Vincenzo (55enne titolare della Mediterranea A. Srl) e Francesco Gentiluomo (45 anni, titolare della Gentiluomo Srl) e per un broker assicurativo 42enne di Barcellona (A.B.).

A loro carico, per l’accusa, la gestione di una società che avrebbe pienamente contravvenuto alle regole in materia di appalti, che venivano affidati con trattativa privata e non a evidenza pubblica. Gli inquirenti sostengono che Di Maria avrebbe creato società fittizie, cui venivano affidate commesse per ingenti valori. Le indagini hanno rilevato che nessuna di queste società ha effettuato alcuna attività per Messinambiente.

Per la Procura, quei soldi erano destinati a tangenti. Sin qui, l’esame di documenti bancari avrebbe consentito di individuarne 3, per un totale di 100mila euro, ritrovate sui conti di Inferrera.

Ma il grosso arrivava – a detta dell’accusa – dalle tasse “profumate”, pagate dai cittadini, attraverso cui venivano ricoperti i buchi della società. Come l’ultima Tari, stratosferica se rapportata allo scarsissimo servizio raccolta rifiuti fornito.

E poi gli sprechi. Inspiegabile che una società in liquidazione, invece di risparmiare, addirittura acquistasse beni e servizi al triplo del prezzo di mercato. Una dato per tutti: dal 2009 al 2013, il saldo negativo di Messinambiente è di 25 milioni 764 euro, con perdite d’esercizio da 31 milioni 828mila euro.

Ma Accorinti cambia il timoniere: nel 2013 arriva il nuovo commissario liquidatore, Alessio Ciacci. Prima di Ciacci, c’era la gestione allegra di Messinambiente, con un’attività sottodimensionata. 50 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno venivano trasportati con i camion di Messinambiente. Altri 60 a carico dei privati. Con Ciacci si arriva agli 87 milioni di tonnellate trasportate dai soli mezzi aziendali.

E poi ci sono casi come quello della Mediterranea A., specializzata nella manutenzione di mezzi e cassonetti, come la Gentiluomo srl. Ditte che si erano, privatamente, accaparrate il servizio. La prima per 2 milioni 600mila euro in 5 anni. La seconda, per l’accusa, pur senza personale specializzato avrebbe svolto il servizio di pronto intervento, per 1 milione, dal 2009 al 2013.

Le indagini hanno permesso di appurare che in questi anni un ruolo preminente era stato assunto dal contabile della società, Antonino Inferrera, divenuto il braccio destro del Di Maria.

Influiva – sostengono gli inquirenti – sulle scelte riguardanti i partner privati di Messinambiente. Erano spesso amici dello stesso Inferrera, che – si legge sull’ordinanza: “influiva sia sull’ordine preferenziale e sull’entità dei pagamenti erogati ai fornitori; ciò gli consentiva di rafforzare oltremodo la sua capacità d’influenza sulle ditte esterne.

A fronte di affidamenti di servizi e consulenze a vantaggio di imprenditori e professionisti “amici”, scelti in modo del tutto discrezionale e spesso senza una contropartita in termini di efficienza, qualità ed economicità del servizio reso, riceveva illecite retribuzione dell’ordine di diverse migliaia di euro dai privati, sotto forma di servizi e consulenze fittizie conferiti a due società dallo stesso gestite: la FINCONSULTING e la FIN.SERVICE S.r.l”.

E i superincentivi? Per alcuni dipendenti erano una manna. L’azienda in liquidazione pagava un caposquadra 22mila euro l’anno. Stesso compenso di Ciacci.

Ma il top dello spreco – sempre a detta dell’accusa – sarebbe arrivato con le polizze assicurative.

Troppi i 200mila del 2010, la società si rivolge al broker assicurativo, che prende da due lati: da Messinambiente come compenso diretto e, in qualità di assicuratore, ottiene la percentuale sulla polizza stipulata, che dai 200mila iniziali aumenta sino a 700-800mila euro. Subentrato alla Sai nella gestione di tutti i contratti assicurativi, avrebbe percepito commissioni del 15 per cento incassando circa 350mila euro in tre anni.

Per il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto procuratore Stefania la Rosa, titolari dell’inchiesta, l’operazione di oggi è solo la punta di un iceberg. Potrebbe avere riflessi anche sul Comune di Messina. Molti altri sono gli indagati. Le 5 misure cautelari sono state emesse dal Gip Giovanni De Marco.

(nella foto il Proc. Agg. Sebastiano Ardita)

(1121)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Contenuto protetto.