Pattuglie dei Carabinieri attive in operazione notturna

Ipnotizzavano le vittime per rapinarle: tutti i dettagli dell’operazione “Hypnose”

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I Carabinieri del Comando Provinciale di Messina, in sinergia con quelli di Palermo e Bergamo, hanno sgominato una banda di rapinatori che si avvaleva di ipnosi per derubare le ignare vittime.

I militari dell’Arma hanno, quindi, potuto assicurare alla Giustizia 6 soggetti autori di articolate truffe basate sull’utilizzo di avanzate tecniche di persuasione.

I Carabinieri, alle prime ore dell’alba, hanno eseguito 5 provvedimenti a carico di:

  1. Giovanni Salafia, 27 enne, di Palermo;
  2. Michele Faija, 59enne, di Cinisi (PA);
  3. Gaetano Talamanca, 51enne, di Palermo;
  4. Matteo Li Causi, 49enne, della Provincia di Bergamo;
  5. Giuseppe Immesi, 68enne, di Palermo.

Le ordinanze di misura cautelare, richieste della Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto guidata dal Procuratore Emanuele Crescenti, sono scattate per l’accusa – a vario titolo – di rapina aggravata in concorso mediante l’ipnosi delle vittime.

Di seguito tutti i dettagli dell’operazione, eseguita su più province, denominata “Hypnose”.

Il provvedimento restrittivo

Il provvedimento restrittivo scaturisce da una complessa attività di indagine, convenzionalmente denominata “HYPNOSE”, sviluppata sin dal gennaio 2018 dalla Compagnia Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, coordinata dal sostituto Procuratore della Repubblica dott.ssa Rita Barbieri, i cui esiti hanno consentito di documentare l’operatività di un sodalizio criminale – con base nella città di Palermo – i cui componenti hanno rapinato, nel corso di pochi mesi, numerose vittime, perlopiù anziane, individuate e derubate nei pressi di luoghi di culto o di ritrovo.

Le vittime, dopo essere state avvicinate dagli indagati col pretesto di una finta compravendita di gioielli, percepivano un intenso “profumo” che unito ad altre tecniche di manipolazione ipnotica li induceva in stato confusionale e venivano persuase a recarsi presso la propria abitazione o presso i propri istituti di credito al fine di procurarsi il denaro che consegnavano ai malfattori.

Le indagini

Le investigazioni, in particolare, hanno dimostrato come gli indagati, senza alcuna remora agendo in pieno giorno ed anche in zone popolate e familiari alle vittime in modo da non insospettirle, fossero in grado di individuarle e creare con loro un legame in grado di influenzarne i comportamenti ed a porle in stato d’incapacità di volere ed agire, mediante suggestione ipnotica e, comunque, tramite tecniche comunicative verbali e di gestualità tali da persuadere e manipolare la persona offesa che veniva indotta a consegnare le somma di denaro richiesto.

Le testimonianza delle vittime e delle persone informate sui fatti, l’esame delle riprese di sistemi di videosorveglianza in prossimità dei luoghi dove erano avvenute le rapine e l’esame di tabulati di traffico telefonico hanno consentito di identificare i 6 soggetti coinvolti nell’attività criminale e fare luce su numerosi episodi che, per il modo di agire, non si configura come una semplice truffa ma rientra nel ben più grave reato di rapina.

Il Modus operandi

I rapinatori, che agivano sempre in tre per volta, interpretavano una sceneggiatura ormai consolidata. Uno ricopriva il ruolo di marinaio straniero intenzionato a vendere gioielli, un secondo complice che fingeva di essere interessato all’acquisto ed il terzo infine quello di gioielliere in grado di valutare la merce e, talvolta intenzionato a sua volta a comprarla.

La vittima era avvicinata dal primo soggetto, che si presentava come un marinaio straniero in transito che doveva vendere dei gioielli per i quali in caso di mancata vendita avrebbe dovuto pagare delle pesanti tasse doganali. Nel frattempo, sopraggiungeva un secondo soggetto che si intrometteva volutamente nella discussione chiedendo al marinaio di mostrargli i gioielli, precisando, però, la necessità di procedere ad una valutazione della merce da parte di un esperto, ad esempio un gioielliere.

Il finto acquirente, quindi, si allontanava temporaneamente e ritornava in compagnia di un altro complice che si presentava come gioielliere e valutava i preziosi. Queste fasi, in genere, duravano anche fino a due ore, durante le quali la vittima e veniva fatta partecipe delle difficoltà del marinaio che avrebbe potuto subire un grave danno economico dalla mancata vendita o da quelle dell’ipotetico acquirente che non era in possesso di tutto il denaro necessario all’acquisto.

Le vittime, durante tutta la messa in scena, venivano blandite attraverso continue gestualità, abbracci, strette di mano al fine di creare un vincolo empatico. In alcuni casi, attraverso questi contatti fisici, le vittime percepivano un profumo molto intenso, che provocava loro uno stato confusionale ed ipnotico.

Al termine di queste lunghe manovre la volontà delle vittime veniva coartata e soggiogata e queste finivano per dare un contributo per l’acquisto dei gioielli convinte che aiutare con del denaro fosse il giusto comportamento da tenere.

Le tecniche ipnotiche

La violenza posta in essere dagli indagati per compiere le rapine contestate è consistita pertanto nel procurare uno stato di incapacità, di volere o di agire, nella vittima, propedeutica alla realizzazione dell’azione predatoria. Ciò può avvenire attraverso l’utilizzo di sostanze in grado di incidere sulla capacità di autodeterminazione della vittima, inducendo uno stato di parziale o totale incoscienza, ma anche attraverso l’utilizzo di particolari tecniche che provochino l’alterazione della normale capacità di comprensione della realtà e/o di coerente volizione, incidendo sulla normale capacità di valutazione critica, che costituisce il filtro in grado di orientare i comportamenti di una persona secondo quanto appreso per le esperienze di vita della stessa.

Tra queste, l’induzione ipnotica produce una condizione psichica, provocata, di norma, da un operatore esterno, caratterizzata da uno stato psichico denominato trance caratterizzato dallo spegnersi della coscienza razionale e delle facoltà cognitive volte all’osservazione dell’elaborazione del mondo esterno; anche dopo il termine della trance il soggetto può essere in grado di compiere compiti e gli sono stati assegnati durante il periodo ipnotico e di non conservarne coscienza per quanto riguarda l’ordine impartito; lo stesso soggetto si stupisce dell’azione che compie.

Anche la memoria e la coscienza di sé possono essere alterate; gli effetti delle suggestioni possono essere estesi (postipnoticamente) alle successive attività di vigilanza normale.

Le persone offese dai reati investigati erano persone in pieno possesso delle proprie capacità di provvedere ai propri bisogni, di comprendere il significato delle proprie azioni e degli accadimenti del mondo esterno; si tratta di persone di varia età e condizione sociale tutte perfettamente autonome, soggetti normalmente in grado di provvedere ai propri interessi. Ciononostante tutte le vittime hanno evidenziato una singolare assenza di capacità critica accettando passivamente – secondo tutti i loro racconti autonomi – le indicazioni e la richiesta di denaro anche per somme cospicue che gli sono state rivolte dai malfattori mostrandosi inermi rispetto alle sollecitazioni che gli venivano rivolte.

I casi più emblematici

Un uomo settantenne di Barcellona Pozzo di Gotto, avvicinato in via Roma, è stato posto in stato d’incapacità di volere e di agire mediante suggestione ipnotica e tramite tecniche comunicative verbali e di gestualità tali da persuadere e manipolare la sua volontà, sino a farsi consegnare la somma di 3 mila euro. In questa rapina erano stati coinvolti: uno degli indagati nel  ruolo di marinaio straniero intenzionato a vendere gioielli, Giuseppe Immesi nel ruolo di possibile acquirente e un terzo soggetto (nel frattempo deceduto), nel ruolo di gioielliere. I tre avevano inscenato una compravendita di gioielli nella quale era stato coinvolta, per diverso tempo, la persona offesa sia verbalmente sia tramite ripetuti contatti fisici, tra i quali continue strette di mano, l’appoggiare più volte una busta contenente denaro sulla pancia e sul petto della stessa e nell’inserire nel taschino della sua camicia i finti gioielli.

La vittima successivamente, ormai in stato confusionale, si recava presso la filiale della propria banca e, seguendo le istruzioni dei malviventi, prelevava la somma in contanti di 3 mila euro senza riferire al cassiere dell’istituto che, conoscendolo personalmente glielo aveva chiesto, il motivo del consistente prelievo e poco dopo consegnava il denaro ad Immesi davanti la porta della chiesa di San Sebastiano ricevendo in cambio un anello rivelatosi privo di alcun valore.

Un altro episodio riguarda una donna 45enne, sempre di Barcellona Pozzo di Gotto, alla quale gli indagati, mediante suggestione ipnotica e tramite tecniche comunicative verbali e di gestualità tali da persuadere e manipolare la persona offesa, hanno sottratto la somma di 3 mila euro.

In questa circostanza, Giovanni Salafia ricopriva il ruolo del marinaio straniero intenzionato a vendere gioielli, Michele Faija il ruolo di interessato all’acquisto e Matteo Li Causi, quello di gioielliere. I tre avevano coinvolto la vittima tramite continui abbracci la persona offesa, che dopo aver percepito un intenso profumo, in stato confusionale, si recava presso la propria abitazione e prelevava in contanti la somma di 3 mila euro che poi consegnava a Michele Faija all’interno della chiesa di San Sebastiano.

Le ordinanze di misura cautelare

Le indagini, infatti, hanno disvelato la concreta ed attuale pericolosità sociale degli indagati evincibile dalle modalità delle condotte e dalle concrete circostanze dei fatti, dalla frequenza degli episodi, nonché dalla personalità degli stessi soggetti coinvolti; si tratta di condotte che denotano una spiccata professionalità, una forte capacità di adattamento alle diverse situazioni, affrontate con una particolare metodicità e spregiudicatezza da lasciar ipotizzare una vera e propria struttura organizzativa.

Gli indagati, verosimilmente, vivono di questi espedienti e sono talmente spregiudicati da tornare più volte negli stessi luoghi, tanto che qualcuno è stato rivisto da alcune vittime nei giorni successivi. Si tratta, del resto, di soggetti che, oltre ad essere gravati da numerosi precedenti, anche specifici, risultano deferiti in stato di libertà in molte zone della Sicilia e d’Italia e sono stati tratti in arresto in diverse occasioni per fatti similari.

Aggiornamento delle 16:27 – Quale esito delle serrate ed ininterrotte ricerche condotte dai Carabinieri dei Comandi Provinciali di Messina e Palermo sin dall’alba, nella provincia di Palermo, è stato tratto in arresto anche IMMESI Domenico, 38enne di Villabate (PA).

Fonte: Legione Carabinieri “Sicilia” – Comando Provinciale di Messina

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