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Onore a Nibali, Viva Nibali

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nibaliÈ il nuovo eroe dello sport italiano e, proprio com’era per gli eroi romani dopo grandi fatiche, la scorsa domenica è entrato in trionfo nei “Campi Elisi”. Il nostro eroe moderno è Vincenzo Nibali, il suo “paradiso” il centro di Parigi, la sua grande impresa il Tour de France.

“Lo squalo dello Stretto” ha addentato la vittoria fin dal suo inizio e non ha lasciato la presa fino al podio.

La Grande Boucle di Nibali gli ha fatto guadagnare più di una corona d’alloro. Il ciclista messinese entra a testa alta nella cinquina di coloro che hanno vinto tutte  e tre le grandi corse a tappe (Giro d’Italia, Vuelta e Tour de France, appunto). È un risultato leggendario, come lui hanno fatto solo i nomi storici del ciclismo mondiale: Eddy Merckx, Bernard Hinault, Jacques Anquetil, Alberto Contador, Felice Gimondi.

Sul podio, sotto l’Arco di Trionfo, insieme a Vincenzo è salita tutt’Italia, e Messina? La Messina che ha dato i natali al fuoriclasse sul quale tutto il mondo ora poggia il suo sguardo dov’era?

Troppo freddi gli onori resi al nuovo campione dello sport italiano, solo uno sparuto gruppo di persone si è riunito al Municipio della città per brindare alla vittoria di Vincenzo.

A partire dalla prima delle ultime tre tappe sui Pirenei, infatti, nel Salone delle bandiere a Palazzo Zanca, era stato installato un maxi schermo perché tutti potessero seguire il Tour.

Nella corsa finale verso gli Champs Elysées, ad assistere insieme al fan club Nibali Messina Centro, c’era Carmen, sorella di Vincenzo, che non è riuscita ad esprimere la gioia provata nel vedere il fratello sul podio sulle note dell’inno di Mameli.

“Tantissima gente c’è stata vicina col suo affetto – ha dichiarato Carmen Nibali – ma ho visto molta più partecipazione a Mastromarco, in Toscana, anziché a Messina”.

E la sensazione di Carmen è quella che abbiamo avuto tutti: gli esperti del settore, gli appassionati di sempre e anche noi giornalisti, per quello che ci compete. 

Niente feste scatenate nelle piazze, niente motivetti-tormentone da stadio, niente tifoseria, insomma, e anche niente orgoglio. 

Ma dov’è l’animosità del tifo messinese, dov’è quella passione che abbiamo visto all’ingresso del Messina calcio in serie A? La città era in festa, addobbata come un albero di Natale. Ricordo che era una delle prime volte che camminavo per le vie di Messina, mi ero appena trasferita per frequentare l’università e ricordo una via Garibaldi interamente tappezzata da bandiere giallo-rosse. Pensai che era bello vedere come un’intera comunità potesse rinnovare il proprio senso d’appartenenza partendo dalle manifestazioni sportive, a distanza di qualche anno, mi rendo conto che non era proprio così.

Non me ne vogliano gli appassionati di calcio, ma non v’è paragone tra il Messina in serie A e un Vincenzo Nibali che da solo scala fino in cima l’Olimpo del ciclismo entrando nella leggenda.

La “città babba” segue il gregge delle masse che negli stadi trova il luogo per esprimere le proprie frustrazioni dando il peggio di sé. Gli imperatori romani per far sfogare la rabbia del popolo aprivano i giochi al Colosseo, oggi invece, si aprono gli stadi, ma la psicologia è la stessa.

E anche adesso che Vincenzo Nibali da Parigi porta il nome di Messina sulla bocca di  tutto il mondo, i messinesi anziché godere di questo successo preferiscono continuare a parlare della delusione degli ultimi mondiali o della querelle tra Accorinti e Lo Monaco.

Nibali, nella sua genuinità, rappresenta tutto ciò che a Messina manca in questo particolare momento storico: la “normalità” ed il senso d’appartenenza.

Quello del ciclista messinese è stato definito come il percorso “normale” di un campione “comune”. Quanto vale, oggi, la normalità di Vincenzo!

Seguendo con lui ogni curva, ogni salita, schivando con lui ogni ostacolo, ricordiamo come il successo è la conseguenza “normale” del sacrifico, dell’impegno, del coraggio di osare  e dell’orgoglio di essere  messinesi, di tutte cose che Messina ha dimenticato e che oggi, uno dei suoi figli migliori, le ricorda.

In città dovremmo (mi ci metto anch’io, divenuta messinese d’adozione) essere un po’ tutti Vincenzo Nibali. Nell’orgoglio di risentirCi ancora messinesi dovremmo anche noi, non scendere dalla bici, ma spingere più forte dritti verso il traguardo.

Giovanna Legato

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