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Ex presidente Aias La Rosa scrive al Prefetto: “Sono sconfortato e angosciato”

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E’ indirizzata al Prefetto di Messina, Stefano Trotta, la lunga lettera di Luigi La Rosa, ex responsabile dell’Aias di Barcellona, ente che è stato al centro di diverse inchieste e processi, compreso quello in cui lo stesso La Rosa è stato condannato per tangenti.

La Rosa, già dal 2010, ha deciso di collaborare con la giustizia, raccontando agl inquirenti alcuni risvolti delle attività dell’Aias.

Qualche settimana La Rosa ha denunciato che la sua automobile è stata crivellata di colpi. Le forze dell’ordine stanno ancora indagando.

Di seguito riportiamo, integralmente, il testo della lettera che Luigi La Rosa ha inviato al Prefetto.

“Intendo rappresentarLe l’angosciosa situazione in cui mi trovo insieme alla mia famiglia dall’aprile del 2010, data in cui ho compiuto scelte della quale non mi pento, è iniziato il mio calvario nella quale, mio malgrado, ho trascinato tutta la mia famiglia, mia moglie e mio figlio, i quali, con coraggio hanno condiviso la mia scelta e cercando, giornalmente, di nascondermi, invano, le loro ansie e paure mi danno forza ed incutono coraggio nei momenti di maggior sconforto.

 Come Lei certamente saprà, quale ex presidente dell’A.I.A.S di Barcellona P.G., ho a suo tempo deciso di denunziare alle Autorità competenti, intraprendendo la via della collaborazione, tutta una serie di fatti illeciti, posti in essere nei confronti miei e della struttura che rappresentavo, da parte di esponenti della mafia “c.d. Barcellonese”, da parte di esponenti politici, da parte di esponenti dell’ASP di Messina ed infine da parte dei vertici dell’AIAS Nazionale.

Tali fatti, appena sinteticamente enunciati, sono ormai fatti notori così come alle cronache, alle Autorità competenti ed i relativi procedimenti, scaturiti dalle mie rivelazioni, in corso di svolgimento avanti ai vari Tribunali competenti.

Fatta la superiore premessa, mi preme qui, per mezzo di questa mia, segnalarLe il mio attuale stato di sconforto, di amarezza e di abbandono in cui mi trovo, che ha raggiunto livelli mai raggiunti. Tutto questo a causa del verificarsi di eventi che hanno dimostrato, da parte di chi ha accusato il colpo e le conseguenze della mia collaborazione, di una ferma decisione di arrecare del male a me ed alla mia famiglia, ricordandomi costantemente nel tempo che (loro) non dimenticano, provvedendo di volta in volta ad alzare il tiro.

Dal momento in cui ho scelto, con il supporto e la solidarietà della mia famiglia, di affrontare il percorso della collaborazione, abbiamo ricevuto numerose minacce di morte, atti vandalici alla propria abitazione con scritte sui muri della stessa, una lettera contenente un bossolo con chiare intenzioni intimidatorie, sino all’ultimo atto, forse il più grave, di qualche giorno fa, quando ignoti provvedevano a sparare dei colpi di pistola all’indirizzo della mia autovettura, chiara e persistente volontà intimidatoria!!!

Non rinnego la scelta fatta, di denunciare quel mondo marcio, con il quale ho avuto a che fare e che oggi vuole vedermi morto, ma di certo non mi biasimerà se penso che non sia giusto e corretto che chi decida di denunziare, aiutando la Giustizia a combattere il male, venga poi lasciato solo permettendo che attorno allo stesso si innalzi un muro che ne provoca l’isolamento.

Non penso, altresì, che sia giusto e corretto che chi denunzi determinati personaggi debba vivere nel terrore assieme alla propria famiglia come sta succedendo al sottoscritto.

Non penso che sia giusto e corretto che chi decida di fare la scelta che ho fatto io, non debba avere da parte delle Autorità competenti, nel momento in cui lo stesso è preso di mira da determinati soggetti, alcuna solidarietà e\o sostegno e\o incoraggiamento e lo tutela, limitandosi semplicemente a raccogliere le denunce presentate, senza provvedere affinché determinati fatti non si verifichino più, e/o a dimostrare che il soggetto che decida di collaborare con la giustizia goda, da parte delle Istituzioni, di quel minimo di tutela che scoraggi determinati soggetti dal porre, tranquillamente in essere, le loro ignobili azioni.

Mi consenta l’umano sfogo a Lei e a ciò che Lei rappresenta, perché prima di essere un collaboratore di giustizia sono un uomo e quello che sta accadendo a me ed alla mia famiglia non è umano né giusto.

Credo, invece, che sia giusto e umano chiedere, tramite Lei , che l’Istituzione da Lei rappresentata, Voglia attivarsi per evitare il verificarsi di determinati eventi che scoraggiano chi intende schierarsi dalla parte del giusto e puniscono chi lo ha già fatto, ledendo la propria libertà individuale, annientandolo interiormente e colpendolo negli affetti a lui più cari e quel che peggio riuscire ad isolarlo.

Le chiedo di porre un qualche rimedio a quanto si sta verificando attorno a me ed ai miei familiari.

Quanto per ultimo accaduto e denunciato non mi lascia ben sperare per il futuro”.

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