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Due famiglie a scuola, ma per viverci. Iniziativa del “Pinelli occupato”

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Le iniziative del “Pinelli occupato”, che da qualche mese occupa e gestisce la ex scuola Ugo Foscolo, si rivolgono, da ieri, a chi non ha un tetto sulla testa. E’ da ieri, infatti, che il collettivo “Teatro Pinelli” apre lo spazio occupato ed autogestito, la ex scuola Ugo Foscolo appunto, a due nuclei familiari in emergenza abitativa.

Il secondo piano della scuola, quasi del tutto vuoto di suppellettili e materiali scolastici, diverrà la nuova casa di alcune persone del quartiere con cui da tempo ci relazioniamo e che hanno supportato ed attraversato questa esperienza. Le due famiglie nonostante siano in condizioni di difficoltà economica non hanno beneficiato di una casa di emergenza, pur avendone fatto richiesta descrivendo il proprio stato. Una delle famiglie, con tre minori, ha subito uno sfratto esecutivo di recente.
«Sappiamo per certo che queste non sono le uniche famiglie a versare in questa situazione – scrivono dal “Pinelli occupato” -. La questione abitativa è sempre più subita da chi oggi soffre maggiormente la crisi e le politiche di austerity dei governi».

Bisogna confrontarsi con una situazione economica ed abitativa in peggioramento scrive il collettivo del “Pinelli occupato”: «Cresce in maniera esponenziale il numero delle famiglie che non possono più permettersi di pagare un affitto; aumentano ogni anno le persone che si ritrovano senza un tetto e il numero di sfratti che vengono eseguiti in città, gli sfratti per morosità incolpevole, solo nella provincia di Messina nel 2013 sono stati 400».
Annunciano una nuova iniziativa per affrontare l’emergenza abitativa: «È dentro questo contesto che, parallelamente, nasce, nei locali della scuola, lo sportello di lotta per la casa, contro sfratti e sgomberi, un punto d’ascolto e mutuo soccorso per fronteggiare il problema abitativo».

«Il diritto alla casa non può essere affrontato solo come un’emergenza ma attraverso azioni concrete di riappropriazione degli immobili abbandonati ed in disuso – continuano -. La questione dei beni comuni non è scollegata dalle esigenze sociali che attraversano questa città, ecco perché riteniamo giusto contaminare questa esperienza. Per noi abitare non consiste solo nell’avere un tetto sopra la testa ma nella possibilità di vivere un territorio libero da nocività e che garantisca mobilità, lavoro, salute e istruzione».

«Riteniamo che lo spazio chiuso ed inutilizzato che da mesi autogestiamo, con iniziative sociali, politiche e culturali, possa, mediante la pratica dell’auto-recupero, divenire anche luogo – concludono – dove sperimentare un diverso modo dell’abitare in cui si intreccino esperienze e conoscenze».

 

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