Autorità Portuale. Rete Civica Infrastrutture Mezzogiorno: «Il Governo vuole abbandonare il Sud al proprio destino»

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Di infrastrutture, a Messina, non si finisce mai di parlare. Proprio ieri, 16 luglio, il portavoce del MoVimento 5 Stelle alla Camera, Francesco D’Uva, faceva notare che «la logica che guida il Governo sulla scelta degli accorpamenti delle Autorità Portuali è proprio questa: creare, laddove mancano, le poltrone ad hoc per i soliti amici».

Di non diverso tenore sono le parole, oggi, di “Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno”, in particolare riguardo al “Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica” (Psnpl) del Governo, che comprende anche l’Autorità Portuale, da loro definito «tutto a “trazione settentrionale”», in modo da «abbandonare il Sud (da Napoli e Bari in giù) al proprio destino».

Rete Civica spiega che «il Governo prende spunto da una fredda analisi sull’andamento dell’attività di transhipment puro, ovvero il trasferimento dei container da una nave grande ad altre più piccole, che ha registrato negli ultimi anni un calo del traffico gestito dai porti italiani (Gioia Tauro, Cagliari e Taranto),  determinato soprattutto dalla forte competizione di infrastrutture portuali localizzate in altri Paesi mediterranei: Grecia, Spagna, Malta e Nord Africa (in particolare gli scali di Port Said e di Tangeri)».
«Come conseguenza – continuano – nell’arco temporale 2005-2013, in cui il traffico nel Mediterraneo è cresciuto con un tasso annuo del 6,5%, gli scali italiani di Gioia Tauro, Cagliari e Taranto hanno visto la loro quota di mercato calare dal 32% nel 2005 al 17% nel 2013».

E, come se non bastasse, «sul fronte siciliano, il sistema portuale di Messina e Milazzo non viene neppure citato dal Psnpl che, con poche righe, liquida l’intero sistema portuale insulare assegnando le prospettive di crescita al traffico Ro-Ro petrolifero/energetico di Augusta. Il Piano non si cura nemmeno del fatto che il sistema portuale di Messina e Milazzo produce IVA per oltre 1,3 miliardi di euro, pari all’8% del valore complessivo nazionale sulle importazioni di merci nei porti, posizionandosi così al terzo posto nella graduatoria delle 24 Autorità portuali, dietro Genova e la stessa Augusta».

Per Rete Civica la responsabilità del mancato riferimento all’area dello Stretto è dell’amministrazione messinese, poiché «Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva ufficialmente chiesto alle istituzioni competenti di essere edotto sulle prospettive di sviluppo e sulle proposte di organizzazione innovativa dell’intermodalità nell’area di competenza. Come risposta ha ricevuto un assordante silenzio: l’Autorità portuale ha inviato il Pot (Piano operativo triennale) andando “fuori tema”, il Comune ha risposto con una inutile traghettata con il sindaco di Reggio Calabria».

Sottolineando la responsabilità della politica locale, Rete Civica spiega che «il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Presidente della Regione Siciliana e il Presidente dell’Autorità portuale hanno firmato il passaggio della gestione delle aree del futuro porto di Tremestieri dalla Regione, che ne rimane proprietaria, all’Autorità portuale. In assoluta buona fede, i giornali locali hanno titolato che sono pronti i 74 mln di euro per la realizzazione del porto.  Sfugge a molti che la costruzione del porto di Tremestieri rimane in capo al Comune di Messina che, in quanto stazione appaltante, è l’unica amministrazione deputata a reperire i fondi disponibili e i finanziamenti».

«In ogni caso – conclude Rete Civica – l’unica cifra di cui si ha certezza sono i 15 mln dell’Autorità portuale di Messina (finché non verrà accorpata) che erogherà a stati di avanzamento, e dopo che il Comune avrà esaurito le altre quote di finanziamento, in merito alle quali però non si hanno certezze. Poiché il mutuo di 35 milioni di euro finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è prossimo alla scadenza – dopo 10 anni dalla stipula – tale quota di finanziamento andrà persa, qualora non vengano attivati gli strumenti di tecnica contabile finalizzati al recupero dei residui. Inoltre, i fondi ministeriali ex delibera Cipe del 2009, pari a 6,5 mln di euro, sono stati cancellati in una delle manovre di finanza pubblica. La Regione siciliana, la Grecia d’Italia, ha promesso “a parole” 18 milioni di euro. Intanto ogni giorno che passa il costo dell’opera lievita. Insomma, nessuna certezza ma tante belle parole».

 

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