“Vincent Van Gogh”, l’uomo oltre il pittore nel libro di Patrizio Calabrò

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Tra le antiche federiciane mura dell’ex Chiesa di Santa Maria Alemanna, a Messina, è stato presentato il romanzo di Patrizio Calabrò, “Vincent Van Gogh” edito dalla Edas. Con Giuseppe Palomba (Gazzetta del Sud), moderatore, sono intervenuti come relatori l’On. Giovanni Ardizzone, presidente dell’ARS, e l’architetto Nino Principato, storico dell’arte.

La serata arricchita dalle letture di alcuni passi del libro a opera dell’attrice messinese Bernadette Malaponti, trascinando tutti nella Parigi della Belle Époque attraverso immagini e luoghi, ripercorrendo ambientazioni legate al nostro immaginario, ha portato la platea tra le rive della Senna, nei bistrot e nelle tele degli impressionisti più famosi: uno fra tutti van Gogh. Pregevole è apparso l’intervento critico dell’architetto Nino Principato, che ha detto: “Entrare nella “carne” del bellissimo e struggente romanzo di Patrizio Calabrò, per capire a fondo la profonda spiritualità del suo testo dove van Gogh, è presentato non solo e non soltanto come pittore, ma come uomo, al di là della sua pittura per la quale è universalmente conosciuto e agitato dall’interrogazione aperta e non conclusa su dove siano la vita e la gioia, il dolore e la speranza. Non nelle singole sconfitte dell’uomo van Gogh, come lo presenta in maniera assolutamente originale Patrizio Calabrò, sta il problema e il dramma, quanto nell’assenza di un filo che unifichi i dispersi momenti di un’unità in cui riconoscersi, la possibilità sempre più remota di dare vita a una famiglia in un legame stabile affettivo”.

Per l’autore del libro è il grido di solitudine di una mente straziata che cerca comunione; è la richiesta di ascolto, di comprensione e di affetto. Tutto ciò lo trova in Rachel, una prostituta, splendida, umanissima figura di donna realmente esistita; bellissimo essere di “tutti e di nessuno”, scrive Patrizio nell’antefatto al suo romanzo.

L’abilità narrativa dell’autore è così profonda, così raffinata, così minuziosa nei particolari descrittivi da far rivivere realmente al lettore quanto va leggendo, scaraventandolo nella scena; lui è lì; è presente insieme ai due personaggi. Patrizio Calabrò è un maestro di sottigliezze come lo fu Sciascia; è un archeologo della visione e della fantasia capace di costruire righe su righe di grande ricchezza introspettiva e descrittiva su un semplice dettaglio che può anche apparire banale come, ad esempio, una scatola di bottoni: “Il suo bottino, tolto l’aggio di Madame Cordom, l’aveva raccolto nella vecchia scatola dei bottoni Salpitelle, tutta lucida nel suo smalto nero, con un sottile bordo color verde cinabro e decorato con piccoli fiori in oro dipinti con grande maestria.” -E ancora- “che ciò potesse colmarle il cuore di felicità, era difficile accettarlo, ma quando senti che la dimensione delle cose cui tieni ha la misura della tua scatola dei bottoni Salpitelle, avverti che oltre quel nascondiglio c’è uno spazio dove desideri e realtà possono concedersi qualche momento di tregua.”
La sua scrittura è come pittura, in un rapporto ricco di suggestioni, di echi, a volte di provocanti anomalie e con sorprendente e impeccabile rigore storico-filologico, attento anche ai più minuti particolari, l’autore ricostruisce un’epoca della Parigi di fine ‘800: ”L’Esposizione Universale, il Salon del Louvre, gli Impressionisti, la Tour Eiffel, le ”Belle Époque” di Toulouse Lautrec e della ballerina Jane Avril del famoso Moulin Rouge, sfondo nel quale si muove Rachel, intrigante protagonista di tutto il romanzo.

Tratto dal libro: “le parole di quell’uomo, per molti versi incomprensibili, erano rimaste incise nella sua anima e avevano lasciato in lei una grande commozione.
I predatori che aveva conosciuto, tanti, le parlavano con un linguaggio più elementare che non riusciva ad andare oltre la superficie del suo corpo.
Le promesse che aveva sin allora sentito non erano mai uscite da quella casa.
Un viaggio attraverso l’Europa, una famiglia con tanti bambini, una casa tutta sua in Camargue. Fantasie concepite a bella posta per scaldare il cuore e offrire di sé un’immagine più umana ma, tutte, con un destino ineluttabile segnato dalla sabbia di quelle clessidre poste su ogni comodino: restare un sogno
. Quell’uomo le era entrato nell’anima perché, battezzandola con i colori, le aveva tolto ogni peccato”.

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